shaka fest ’09
Le Officine Babilonia e il cpoa rilazo hanno ospitato lo shaka fest organizzato dalla federezione orizontale ribelle autonoma (F.O.R.A.)
-REPORT PRIMA GIORNATA SHAKA FEST – MIGRANTI
3 DICEMBRE Ore 18,37 – Cosenza – media center Officine Babilonia – Shaka Fest
Colori e lingue differenti s’incontrano nel capannone delle Officine Babilonia per il primo incontro pubblico sui migranti, nell’ambito dello Shaka Fest. Introduzione affidata a Maria Fortino di Officne Babilonia che espone le caratteristiche della tregiorni ed evidenzia l’importanza del riappropriarsi dello spazio e del tempo. Sul maxischermo scorrono poi le immagini di “Cd-Rom: Am castigat”, il video-report realizzato da Alessandro Gordano ed Enza Papa della Kasbah sull’intensa esperienza dell’incontro tra la comunità rom e le associazioni antirazziste cosentine, che negli ultimi mesi ha portato alla nascita de La Scuola del Vento all’interno del campo sul fiume ed alla vittoria giudiziaria riportata nel tribunale di Cosenza dal collegio difensivo costituito da legali attivisti di movimento, coordinati dall’avvocato Adriano D’Amico, che hanno ottenuto l’annullamento dei fogli di via disposti dalla prefettura di Cosenza dopo il blitz di polizia scattato all’alba del 1° ottobre scorso. Il video ripercorre le tappe salienti del moto di protesta che ha visto come principali protagonisti i rom che, accanto alle associazioni antirazziste, hanno preso la parola davanti al Comune in un presidio di protesta, a piazza 11 settembre sotto la prefettura, nella sede della II circoscrizione con l’appoggio del presidente Giovanni Cipparrone, nell’università della Calabria presso il dipartimento di sociologia. A suggello del documentario, le sequenze delle scene di gioia collettiva esplosa davanti il tribunale nell’istante in cui è stata emessa la sentenza a favore dei diritti dei rom, ma soprattutto la grande festa svoltasi nell’area liberata ed occupata dai movimenti tra via Popilia e viale Parco.
Ore 19.54 – Cosenza – media center Officine Babilonia – Shaka Fest
Dopo la proiezione del documentario, applauditissimo, coordina l’assemblea Enza Papa per sottolineare gli obiettivi comuni e il carattere strutturale, epocale, dell’accanimento contro i rom, storicamente vittime di pregiudizi razziali, e negli ultimi anni al centro di una vera e propria persecuzione. Applausi anche per il presidente della II circoscrizione, Giovanni Cipparrone, per le posizioni coraggiose assunte nella questione del campo rom sul fiume Crati. Prendendo la parola, il presidente ribadisce che questa amministrazione comunale è responsabile del grave arretramento culturale e civile che sta mortificando Cosenza, la sua storia, il suo presente. Ricorda che la circoscrizione ha messo a disposizione i propri locali per le visite mediche dei bambini rom ed ha sfidato i pregiudizi che serpeggiano nella popolazione italiana. Dopo la festa dell’Immacolata, così come promesso nel mese di ottobre, la circoscrizione provvederà a portare fontane ed acqua potabile nella baraccopoli. Cipparrone si complimenta con le realtà sociali occupanti dell’area dei vecchi depositi ferroviari per avere restituito questi spazi alla città. Forti e duri i toni adottati contro ogni rigurgito xenofobo. Secca la denuncia nei confronti di quanti continuano ad agitare voci false che innescano paure nelle fasce più indigenti della popolazione. Alcuni amministratori ed opinion leader in malafede diffondono infatti voci false di assegnazioni delle case popolari ai rom che in realtà non ne hanno mai fatto richiesta. Cipparrone segnala le tante irregolarità registrate nei quartieri ad edilizia popolare dove molte abitazioni rimangono chiuse ed in possesso di persone che non avrebbero titolo ad esserne assegnatarie. Entusiasmo anche nelle parole dell’avvocato D’Amico: “A Cosenza è stato riportato un risultato importante, unico in Italia. Siamo riusciti a riaffermare diritti fondamentali per le persone e le comunità migranti”. In merito all’operazione scattata nel mese di ottobre, D’Amico non ha dubbi: “la responsabilità è della questura di Cosenza”. Appassionato il contributo di Teodora Silaghi e Mario Rostas della comunità rom. Entrambi esprimono la propria gratitudine a tutte le persone che hanno sostenuto la loro causa: “è grazie soprattutto a voi se adesso siamo più uniti”. Messaggi di soddisfazione anche per il progetto della Scuola del Vento, un’istituzione dal basso che le associazioni cittadine e la comunità rom stanno realizzando insieme. Numerosi insegnanti di strada stanno operando nel campo rom. Nell’ultima settimana è stata realizzata una baracca-scuola che ospiterà le attività durante l’inverno. Checca D’Agostino, responsabile del progetto, evidenzia il carattere costituente di questa attività, che registra la condivisione dei rom dei due campi sorti sulla riva sinistra del fiume Crati.
A conclusione del dibattito emerge che il procuratore firmatario dei fogli di via, in servizio presso il tribunale di Cosenza, nei saggi e negli articoli che scrive e pubblica, sostiene che gli Italiani sarebbero portatori di una cultura che non ha alcuna relazione possibile con le culture di cui si fanno portatori gli stranieri che immigrano sul territorio. Inquietante! Il dibattito si conclude con una richiesta al Comune di cosenza, di destinare dei fondi per attrezzare i due campi Rom.
-REPORT SECONDA GIORNATA SHAKA FEST – AMBIENTE
4 dicembre La seconda giornata dello Shaka fest ha preso il via a Cosenza , nell’area liberata dell’ex deposito ferroviario – Officine Babilonia e c.o.p.a Rialzo . Il dibattito odierno : “da Amantea a Reggio. Il ponte sui veleni” è incentrato sulle tematiche ambientali e sul moto di protesta popolare che dalla manifestazione di ottobre ad Amantea, porta alla mobilitazione contro il ponte sullo stretto del prossimo 19 dicembre. Claudio Dionesalvi di Coessenza , e Peppe Marra del coordinamento no ponte presentano il video documentario “no ponte no” a cura di Paolo Conforti per la rete no ponte. Il video documenta tutta la lotta contro il ponte sullo stretto, dalle devastanti conseguenze dell’immane opera all’indignazione popolare. Introduce e modera il dibattito Oreste che parla del perché si è scelto di chiamare il dibattito odierno “da Amantea a Reggio. Un ponte di veleni”. Oggi non si parlerà solo del ponte ma anche dalla manifestazione di Amantea e questo perché la voglia di reagire e non solo di capire può essere la chiave di volta di un autentico cambiamento. La partecipazione capillare di Amantea è stato un segnale di straordinaria positività, adesso si attende il prossimo appuntamento a Lamezia , il sei dicembre, dove saranno trattate numerose tematiche ambientali. Prende la parola Carlo Cuccomarino di Radio Ciroma. Le moltitudini calabresi, ad Amantea, per come è stata costruita e per i significati che ha portato , permette di tracciare un possibile percorso su una politica nuova per quella che oggi è definita la politica dei beni comuni. La prima cosa che bisogna dire è come una moltitudine di calabresi siano arrivati all’incontro del 24 ottobre scorso, con tutte le contraddizioni presenti, sono giunti a porre un quesito importante. Si poteva continuare a fare come si è sempre fatto oppure si poteva scegliere di avviare una nuova strada capace di andare al di la del veleno della paura che tradotto in altri termini si può definire come paura della dipendenza economica. È possibile avere un diverso approccio pratico anche tramite riflessione teorica sostiene Cuccomarino . Bisogna mettere alla pari non solo il capitale ed il lavoro ma anche l’ambiente per questo è necessario un approccio concreto verso la trasformazione de mondo attuale in un mondo diverso possibile che non può prescindere da una riflessione teorica. La centralità della nuova determinazione nell’economico, determina delle questioni che vanno verso la questione del bene comune. Se fino ad ora si aveva l’attenzione solo verso la merce oggi si va verso l’immateriale che va verso l’idea di una produzione diversa di beni e questo porta nuovi significativi spazi, che fanno intravedere un nuovo significato al concetto di bene comune, questo viene così inteso anche nell’accezione ecologica. Si va quindi verso la biopolitica che porta delle ricadute diverse alle cose che si stanno cercando di dipanare.
Prosegue il dibattito Osvaldo Pieroni del dipartimento di Sociologia e Scienza Politica dfell’UniCal. Il Docente racconta il percorso della lotta al ponte sullo stretto ma soprattutto ricorda la data del diciannove dicembre. In questo appuntamento si dovrebbe raccogliere la lunga storia che inizia alla fine degli anni ottanta, non per una mobilitazione recente. All’origine erano pochi a condurre avanti questa battaglia, molti sostenevano, addirittura, che questa battaglia non poteva essere popolare ma sarebbe rimasta confinata solo alla voce di pochi. Attualmente non solo cittadini ma anche amministratori locali hanno aderito a questa lotta per non parlare poi dei rapporti fra il coordinamento no ponte con altri movimenti popolari primo fra tutti il no tav. L’ultima manifestazione, quella di Amantea, appare un importante punto di partenza per la Calabria qui si è avuta la richiesta di riappropriazione del territorio ed è anche da li che è partita la lotta al ponte . Si parla, a partire da questo momento dunque, di un modello di sviluppo diverso da quello attuale, si deve far riferimento a una crescita delle relazioni interpersonali. In altre parole, continua Pieroni, si intende stabilire un apporto diverso fra abitanti e territorio in cui vivono, quest’ultimo non è da intendersi come un luogo da sfruttare bisogna, infatti, leggerlo come cultura, come natura e come insieme da preservare. L’area sullo stretto deve essere inteso come un patrimonio dell’umanità . Il ponte sullo stretto rappresenta un furto all’umanità. Alberto Ziparo ,Docente di pianificazione e valutazione ambientale dell’ Università di Firenze continua a trattare la questione del ponte. L’opera pubblica rappresenta quasi un lungo tormentone, tuttavia l’idea del ponte è pericolosa non tanto per la possibilità che l’opera venga effettivamente costruita quanto perché l’idea progettuale ha già determinato una enormità di spese, senza che il progetto preliminare venga ancora definitivamente approvato. Sarebbe poi necessario un progetto esecutivo che prevede ulteriori spese, mentre l’impresa impregilo (multinazionale italiana delle costruzioni ) intascherà vasti introiti. Intanto le opere pubbliche nell’area dello stretto ricevono battute d’arresto inspiegabili. Perché continuare la lotta contro al ponte, si chiede il docente? In realtà è difficile che si faccia il ponte, alal luce di queste considerazioni la lotta al ponte ha senso solo se si lega alle prospettive contingenti di questa fase storica a partire da Amantea. È certamente pericolosa l’idea del ponte perché i soldi del bilancio dello stato, sono stati riassorbiti per altro e alla Calabria e alla Sicilia non né rimasto nulla. In passato il ponte serviva per propaganda ai politici da strapazzo, oggi si sottraggono risorse a Sicilia e Calabria e intanto i collegamenti viari e ferroviari delle regioni languono. Da un punto di vista paesaggistico il ponte romperebbe l’unità dello stretto. Il bene paesaggistico non è da intendersi però come risorsa da bruciare nel piu’ breve tempo possibile , così come hanno fatto i locali imprenditori turistici, ma come un bene collettivo. Si devono avere anche linguaggi diversi e nuovi e avere la capacità di relazionarsi con l’esterno, e guardare gli altri luoghi diversi dalla quotidianità. E’ necessario guardare alla Calabria non solo per i danni all’’ambiente ma guardare anche cosa c’è di positivo. Occorre considerare il piano territoriale paesaggistico che è importante che venga approvato. I calabresi devono poi guardare alle proprie ricchezze, alle proprie potenzialità territoriali, così come è stato già fatto in Sicilia dove c’è stata una forte pianificazione che nemmeno la destra poi ritornata al potere, è riuscita a smantellare. Il docente invita a passare ad una azione territoriale sentita. Peppe Marra coordinamento No Ponte si dice convinto che il ponte non si realizzerà concretamente tuttavia l’idea del ponte è pericolosa non solo per i denari già sepsi e che verranno spesi ancora. Il ponte ha significato l’allontanamento di risorse l’annientamento dei collegamenti sullo stretto. Il coordinamento teme che attorno al ponte si creerà una intricata catena di speculazioni finanziarie. Per questo è necessario contrastare l’opera. Intanto metanodotti e rigassificatori si costruiscono senza alcun criterio, pare che in Calabria non si tenti di creare uno sviluppo reale per il territorio ma appare solo come terra di conquista per i grandi capitali. Dire no al ponte significa preservare il territorio calabrese. Dopo il diciannove occorre continuare unificare tutte le lotte per creare una grande vertenza Calabria perché è tutto il meridione che subisce la logica dello sfruttamento territoriale. Continuano poi gli interventi di Alfonso Senatore , comitato beni comuni di Cosenza che ricorda l’importanza della battaglia per la difesa dell’acqua bene comune su cui si è spinto per la privatizzazione . Marcello Gallo di Ciroma ricorda l’importanza di Amantea dove la gente si è unita in un moto di indignazione e protesta. Della nave dei veleni lo sapevano tutti ma solo dopo venti anni la gente si è sollevata. Occorre partire dal riprendersi la propria dignità e la propria anima, se non si riesce in questo non si può condurre alcuna battaglia concreta. Giovanni Peta dei cobas , aggiunge la considerazione circa l’impatto che il ponte avrebbe sul piano paesaggistico , ad esempio , i cambiamenti climatici, ricorda poi la manifestazione a Copenhagen ,summit che probabilmente non avrà i risultati attesi.
Claudio Dionesalvi di Coessenza introduce il libro “Così raccontano i nostri vecchi” del sub comandante Marcos parlando con alcuni bambini che vivono nel campo rom di vaglio lise. Claudio dice di aver voluto introdurre così il libro, a cui seguirà poi la proiezione del film “Corazon del tiempo” perché come dicono gli zapatisti , nessuno può prendere la parola al loro posto . Claudio ricorda che gli Zapatisti danno molta importanza alla parola e così non ritengono opportuno che altri parlino al loro posto. Per questo motivo Claudio inizia così per parlare del libro. Per le forme che hanno scelto gli zapatisti, questi non hanno molto a che fare con altre forme di lotta presenti soprattutto in sud America . Adesso pare che in Italia ci si sia dimenticati dell’EZNL ma in verità la realtà degli zapatisti continua ancora nel sangue e nei sacrifici. L’esercito zapatista non ingaggia uno scontro da fuoco da anni ma ancora sono armati. Ci sono delle comunanze fra la terra del sud Italia e le terre del sub comandante Marcos ma no si pensa affatto, dice Claudio, di voler importare dei modelli. Il libro vuole spiegare che cos’è la mitologia dello zapatismo con un linguaggio semplice, simile proprio a quello dei bambini quindi comprensibile a tutti. Si parla di zapatismo al termine di una giornata sull’ambiente, ma ci sono delle affinità con la Calabria. Le multinazionali che sono interessate al ponte sono le stesse che si arricchiscono con gli ammodernamenti mancati delle grandi opere e con le privatizzazioni dei beni comuni. Tutto questo accade con la complicità di chi amministra i beni locali, dei politici calabresi dunque. I personaggi che privatizzano i beni calabresi, molte volte ricorda Claudio, sono quelli che si propongono come il rinnovamento . Un cambiamento può accadere a partire dal sei a Lamezia . l’esempio degli zapatisti può rappresentare un’ipotesi sulla quale si può ragionare anche qui in Calabria.
-REPORT TERZA GIORNATA SHAKA FEST – PRECARIETA’ COGNITIVA
5 dicembre- La pubblica assemblea “precarietà – reddito – formazione” si apre con la proiezione di un video “reinventare il welfare state” a cura della Regione Lazio, illustra le caratteristiche del welfare state in Olanda e Belgio. A Massimo Ciglio di Ciroma il compito di introdurre e moderare la discussione. Interviene Enrico, ricercatore precario dell’Università della Calabria. Questi ricorda come la condizione di ricercatore precario non è solo quello del dottorato, infatti la condizione di quest’ultimo è già più ‘sicura’ rispetto alle tante altre numerose forme di precarietà presenti nell’università: dagli assegnisti ai contratti a progetto. Essere precari significa essere sottoposto a due forme di ricatto: l’illusione di ottenere, prima o poi, una stabilizzazione dall’altra si è sottoposti agli umori dei docenti da cui dipende il loro futuro lavorativo. Enrico ricorda poi come svolgere attività di ricerca mentre si è precari significa avviare dei lavori che poi non si potranno concludere se non rimanendo addirittura a lavorare finito il contratto. Enrico legge poi il documento dei ricercatori dell’università della Calabria, di Catania e Bologna, prodotto in risposta alla lettera aperta che il direttore della LUISS , Pier Luigi Cielli. Quest’ultimo consigliava al figlio appena laureato, di recarsi all’estero perché in Italia non si è più capaci di rispondere alle sue esigenze ed aspettative. I Ricercatori fanno presente che, invece, deve resistere così come fa una ricercatrice precaria di 36 anni che, nonostante tutto, decide di avere un figlio. Continua poi con la testimonianza di Maria Fortino, docente precaria. Il tema del reddito garantito , per come è stato mostrato dal video, declinato in Italia potrebbe condurre a particolari derive. La stessa Gelmini ha spacciato il decreto salva-precari per una scelta atta a tutelare il salario dei precari. Di fatto quel decreto è stato utile solo a spaccare il movimento dei precari che iniziava a svilupparsi su scala nazionale. A determinare poi la stasi del movimento dei docenti precari ci hanno poi pensato i sindacati molti dei quali hanno fatto un uso strumentale di questa lotta nata invece in maniera trasversale rispetto ai sindacati medesimi. Maria ricorda poi come le aspettative generate nella generazione dei trentenni, dall’università sia stata del tutto disattesa dal mondo del lavoro. Tra le aule di Arcavacata sottolineavano che loro sarebbero stati il rinnovamento della società calabrese e questo in parte stava accadendo. Le scuole in cui i giovani docenti ricevevano una spinta innovativa e coinvolgente ma con la riforma Gelmini tutte le speranze sono state spazzate via. Se fino allo scorso anno si aveva l’idea di vivere per sempre da precari (grazie a tutte le riforme che a partire da quella di Berlinguer, hanno sempre piu’ impoverito la scuola) . Istituzioni, sindacati, università profondamente deluso i precari che quindi non hanno che due strade: rimanere immobili e silenziosamente rassegnati oppure avviare altre attività e diverse forme di produzione, non a caso il luogo che ospita lo shaka fest, l’area liberata delle Officine Babilonia e del CPOA Rialzo è il frutto dell’impegno di tanti precari che si sono formati all’università e provano da questi luoghi altri a operare la modifica dell’esistente . Rosanna Nisticò, Docente di Economia all’Uni.Cal. sottolinea l’attuale ruolo di ammortizzatore sociale rivestito dalla famiglia. Rispetto alla questione sollevata dai due precari della conoscenza la docente sostiene che non ci si debba sentire precari a vita, la condizione di precario, ad esempio, non deve essere avvertita ad esempio dal dottorando poichè questi sta vivendo un periodo di formazione destinato a concludersi. Lo sforzo che devono fare gli adulti rispetto ai giovani è quello di spingerli a laurearsi in tempo per essere quanto prima posti sul mercato. A queste affermazioni però risponde Enrico che sostiene che il fatto di laurearsi prima non significa avere la sicurezza del lavoro e soprattutto , l’università deve avere come suo principale scopo la formazione di persone capaci di guardare con occhio critico la realtà circostante. Nisticò conclude il suo intervento ricordando che a suo giudizio non devo essere piu’ le famiglie ad assicurare sostegno economico ai giovani ed è per questo motivo che occorre definire nuove forme di ammortizzatori sociali. Massimo Ciglio a questo punto sottolinea l’importanza di lanciare una campagna di raccolta firme perché si abbia anche in Calabria una legge simile a quella approvata dalla Regione Lazio per il reddito garantito. Vittorio dell’Onda Calabra sostiene di sentirsi un precario in formazione, infatti l’attuale sistema universitario sta già formando alla vita precaria. Gli studenti universitari, soprattutto quelli che non hanno alle spalle una famiglia facoltosa, spesso per potersi permettere l’affitto o il pagamento delle spese universitarie svolgono lavori saltuari e mal retribuiti che determinano un rallentamento nel loro percorso di studi. Vittorio è però convinto che se si fornirà reddito senza che si sia, nel frattempo, sviluppata una coscienza del reddito, tale sostegno sarà inteso solo come una forma di sussistenza. Appare necessario per Vittorio, sviluppare una coscienza del reddito. Francesco Pezzulli , autore di “ In Fuga da Sud “ ricorda che il ricatto a cui sono sottoposti i precari dell’università non è individuale ma è un meccanismo collettivo. Si tratta, in altri termini, di un sistema di corruzione nel quale la riforma Gelmini rappresenta solo l’ultimo atto di un processo posto in atto già dal Ministro Berlinguer. Ciò che, in questi ultimi anni, è stato pesantemente attaccato nel sistema formativo italiano è il rapporto tra alunni e maestro. Una risposta a questa politica è l’autoformazione con la quale si ristabilisce il rapporto sopra detto. Quello che dovrebbero fare gli studenti è attaccare questo sistema di corruzione che è l’università stessa mentre augura al F.O.R.A. di proseguire nella sua attività. Sara dell’Onda calabra pensa che l’autoformazione sia la strada da perseguire proprio alla luce del rapporto che all’interno delle università viene azzerato . in effetti, ricorda la studentessa la riforma Gelmini prevede che sia necessario un numero minimo di alunni, trentacinque, per far attivare un corso; poco importa che esso sia sovraffollato: la riforma non prevede infatti un tetto massimo per ciascun posto. Carlo Cuccomarino interviene sostenendo che a monte della discussione è determinata dal fatto che l’università è stata ridotta ad azienda. Cuccomarino ricorda però che il problema del precariato è legato al sistema di produzione post-capitalistico che genera il lavoro precario. Prova di questo è il fatto che il precariato non è confinato solo all’Italia ma è presente a livello mondiale. La discussione si conclude con la proiezione di un breve filato di Silvano Tosti “l’etica dello stato”.
RERPORT CONCLUSIVO
Le giornate dello shaka fest si sono concluse con un bilancio propositivo. i dibattiti hanno voluto indicare delle linee di agire comune e di dialogo costruttivo.
Colori e lingue differenti s’incontrano nel capannone delle Officine Babilonia per il primo incontro pubblico sui migranti. A seguito della proiezione del video ‘am castigat’ di Alessandro Gordano ed Enza Papa per le officine babilonia e l’associazione la Kasbah che racconta la vicenda giudiziaria di oltre novanta rom rumeni colpiti da altrettanti fogli di via emessi dalla prefettura di Cosenza, il dibattito coi i contributi di Enza Papa della Kasbah dell’Avvocato Adriano D’Amico, di Giovanni Cipparrone, Presidente della seconda circoscrizione,Teodora Silaghi e Mario Rostas della comunità rom di Vagliolise ha sottolineato la necessità di attrezzare i due campi Rom, per questo motivo è emersa, in maniera chiara, la richiesta al comune di Cosenza di destinare fondi in tal senso.
Il dibattito della seconda gornata “da Amantea a Reggio. Il ponte sui veleni” si è incentrato sulle tematiche ambientali e sul moto di protesta popolare che dalla manifestazione di ottobre ad Amantea, porta alla mobilitazione contro il ponte sullo stretto del prossimo 19 dicembre. Hanno animato la discussione: Claudio Dionesalvi di Coessenza, Peppe Marra del coordinamento no ponte (che hanno presentano il video documentario “no ponte no” a cura di Agostino Conforti) Oreste Cozza per il comitato beni comuni di Cosenza, Carlo Cuccomarino di Radio Ciroma Osvaldo Pieroni del dipartimento di Sociologia e Scienza Politica dell’UniCal. Alberto Ziparo, Docente di pianificazione e valutazione ambientale dell’ Università di Firenze. Alfonso Senatore , comitato beni comuni di Cosenza, Marcello Gallo di Radio Ciroma, Giovanni Peta dei cobas. E’ stato evidenziato che per finanziare il progetto del ponte sullo stretto vengono sottratti fondi alla Sicilia e alla Calabria. I’infrastruttura è pericolosa non tanto e non solo se verrà effettivamente realizzata ma anche la sua stessa idea è pericolosa. La serata si conclude con un rimando al prossimo appuntamento del sei dicembre a Lamezia per il forum delle associazioni, e infine alla grande manifestazione contro il ponte del diciannove dicembre a Villa San Giovanni. Al termine della serata si è parlato di zapatismo con Claudio Dionesalvi di Coessenza che ha presentato il libro “Così raccontano i nostri vecchi”del subcomandante Marcos a cui è seguita la proiezione del film “Corazon del tiempo” .
La terza giornata dedicata al tema: “precarietà – reddito – formazione” si apre con la proiezione di un video “reinventare il welfare state” a cura della Regione Lazio che illustra le caratteristiche del welfare state in Olanda e Belgio. Modera Massimo Ciglio di Radio Ciroma intervengono Enrico Natalizio, ricercatore precario dell’Università della Calabria, Maria Fortino docente precaria, Rosanna Nisticò, Docente di Economia all’Uni.Cal., Vittorio e Sara dell’Onda Calabra, Francesco Pezzulli, autore di “ In Fuga da Sud “, Carlo Cuccomarino di Radio Ciroma. Nel corso dell’incontro è stata analizzata la condizione vissuta dai precari in formazione, quali sono gli studenti universitari, dai ricercatori e dai docenti precari. Nuove forme di welfare sono da tentare: dalla costruzione di un reddito allo sviluppo di una coscienza del reddito per passare poi a nuopve forme di aggregazione sociale. Massimo Ciglio, alla luce di quanto detto, lancia l’idea di avviare una campagna per una raccolta di firme per una legge regionale simile quella della Regione Lazio, sul reddito garantito.